domenica 26 luglio 2009

Che cosa è il CERTIFICATO VERDE e come può essere raggirato

Certificato verde

Il Famoso incentivo all'inquinamento, ma solo in Italia...

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Un certificato verde è una forma di incentivazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta in pratica di titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti stati come ad esempio nei Paesi Bassi, Svezia, UK e alcuni stati USA.

Si tratta di certificati che corrispondono ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente.

In Italia i certificati verdi sono emessi dal gestore della rete elettrica nazionale GSE (Gestore Servizi Elettrici) su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili.[1]

I Certificati Verdi sono introdotti dal decreto di liberalizzazione del settore elettrico nota come Decreto Bersani. Il decreto di attuazione della direttiva 96/92/CE [2] stabilisce che i produttori possano richiedere i certificati verdi per 8 anni (per impianti entrati in servizio o revisionati dopo l'aprile del 1999) e per 15 anni per impianti successivi al 31/12/2007 (norma in finanziaria 2008). I certificati verdi permettono alle imprese che producono energia da fonti convenzionali (petrolio, carbone, metano, eccetera) di rispettare la legge che obbliga ogni produttore o importatore di energia a usare fonti rinnovabili per il 2%.

L'impresa produttrice di energia acquista, presso la borsa gestita da GSE, i certificati verdi che gli occorrono per raggiungere la soglia del 2% della propria produzione. La quota del 2% si incrementa ogni anno, dal 2004, di 0,35% punti percentuali. I certificati verdi possono essere accumulati e venduti successivamente, ad esempio quando il valore sia cresciuto a seguito della domanda di mercato. Nel 2005 il valore è stato fissato dal mercato a 108,92 €/MWh al netto dell'IVA per 86.136 certificati verdi emessi per complessivi 4.308 GWh. I produttori di energia da fonti rinnovabili hanno anche, per legge, la "priorità di dispacciamento" cioè la garanzia, da parte del gestore della rete, di comprare prioritariamente l'energia così prodotta. Al 2006 con gli impianti certificati come fonti rinnovabili producevano 3.212 GWh di energia idroelettrica (35%), 2.440 GWh eolica (27%), 1.297 GWh con biomasse (14%), 943 GWh geotermica (10%), 745 GWh biogas (8%), 521 GWh con i rifiuti (6%) e 2,7 GWh solare [3]. Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 €/MWh nel 2006, valore a cui va aggiunto il prezzo di cessione dell'energia elettrica sul mercato (oltre 70 €/MWh), per un totale di circa 200 €/MWh. Dal 2009 sarà di circa 180 €/MWh più il prezzo di cessione dell'energia elettrica sul mercato.

Il risultato di questa politica è la creazione di un mercato in cui alcuni possono vendere l'energia con maggiori margini di profitto rispetto ad altri, in modo da incentivare, almeno in teoria, modi di produzione dell'energia che dovrebbero ridurre la quantità di gas-serra (anidride carbonica ed altri). Lo scopo è di utilizzare i meccanismi del libero mercato per incentivare determinati processi produttivi dell’energia, evitando un intervento diretto dello Stato, ma si manifestarono alcune distorsioni, vanificando in parte lo scopo primario di riduzione dei gas-serra. Infatti a causa della normativa italiana che concedeva questi sussidi anche alle fonti cosiddette assimilate alle rinnovabili (definizione tutta italiana e senza riscontri in Europa) una gran parte dei fondi sono stati destinati in modo controverso anche ad attività quali la combustione di scorie di raffineria, sanse ed all'incenerimento dei rifiuti. Poiché tale incentivazione durerà ancora molti anni, attualmente ci si trova nella situazione paradossale in cui ad esempio scarti di raffineria, per il cui smaltimento in tutto il mondo i produttori erano costretti ad accollarsi dei costi, in Italia vengono bruciati ricevedo anche dei finanziamenti. Successivamente un secondo decreto Bersani ha corretto (per il futuro) questo errore eliminando le "assimilate" e mantenendo unicamente il termine "rinnovabili".[senza fonte]

L'incentivazione, se diventa eccessiva – ad esempio perché nel frattempo il costo della tecnologia cala molto – può provocare altre distorsioni, ad esempio nel caso dell'eolico. Nel caso dell'energia eolica, garantire dei margini di profitto più alti comporta direttamente l'ampliamento delle aree del territorio nazionale dove è conveniente installare un impianto eolico; l'incentivazione deve quindi essere calibrata sulla base del territorio che si vuole assegnare a questo settore, della produzione che si vuole raggiungere, dei costi che si vogliono sostenere, per evitare conseguenze indesiderabili, a partire dalla degradazione di territori o paesaggi di grande valore (molto diffusi in Italia), a danno del settore culturale e turistico.

D'altro canto, il meccanismo dei certificati verdi può non essere sufficiente per incentivare fonti rinnovabili meno mature industrialmente, come il solare fotovoltaico e termodinamico; è perciò solo uno dei metodi da considerare per una politica di incentivazione equilibrata.

Note [modifica]

  1. ^ Le cosiddette «rinnovabili assimilate» sono state escluse nel 2007 da ogni incentivazione da rinnovabili, perciò possono godere solo dei certificati bianchi[senza fonte].
  2. ^ Decreto 11 novembre 1999, "Direttive per l'attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79"
  3. ^ grtn.it: "Bollettino energia da fonti rinnovabili"

venerdì 17 luglio 2009

Petizione contro il finanziamento degli inceneritori e delle finti assimilate


Dai il tuo contributo qui!
la petizione Commissione Europea - Governo Italiano è stata creata e scritta da Matteo Incerti (stampa@nfli.it).

La petizione in dettaglio:

To: Commissione Europea - Governo Italiano

Con la seguente petizione i cittadini residenti sul territorio della Repubblica Italiana di cittadinanza italiana, UE od ExtraUE:

ricordano:

-che la Commissione Europea durante la presidenza di Romano Prodi nel 2003 con il Commissario Commissario UE per i Trasporti e l'Energia, Loyola De Palacio, in risposta ad una interrogazione dell' europarlamentare Monica Frassoni, in data 20.11.2003 (risposta E-2935/03IT) ha ribadito il fermo no dell'UE all'estensione del regime di sovvenzioni europee per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, previsto dalla Direttiva 2001/77, all'incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del suo Commissario all'energia nel 2003: "La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell'articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile".




-la stessa direttiva 2001/77/CE al considerando n. 8, prevede che nel contesto di un futuro sistema di sostegno alle fonti energetiche rinnovabili non bisognerebbe promuovere l'incenerimento dei rifiuti urbani non separati,

-Considerato che i cittadini italiani tramite la voce A3 delle loro bollette ENEL sotto la voce "fonti energie rinnovabili e assimilate" finaziano raffinerie, inceneritori di rifiuti non biodegradabili (RSU,industriali etc.) impianti in cogenerazione da fonti fossili (carbone, scarti di lavorazione della gomma etc.); in pratica come afferma la normativa " quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico e altre forme di energia recuperabile in processi e impianti; quelli che usano gli scarti di lavorazione e/o di processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte solo da giacimenti minori isolati".



-I sottoscritti cittadini residente nella Repubblica Italiana si rifiutano di continuare a pagare incentivi per centrali altamente inquinanti, non rinnovabili, insalubri e cancerogene come inceneritori di RSU e rifiuti industriali, raffinerie, centrali a fonti fossili, etc.

In rispetto delle normative europee sulle energie rinnovabili chiedono

-alla Commissione Europea di intervenire nuovamente presso il Governo italiano

-al Governo italiano di :




-Rispettare l'ordine del giorno G15.100 dei Senatori SODANO, DE PETRIS, FERRANTE, RUBINATO che recepisce quanto sopra e quindi a:

-a recepire fedelmente la direttiva 2001/77/CE (relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), in particolare il suo articolo 2;

- a concedere i finanziamenti e gli incentivi pubblici di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 387 del 2003 esclusivamente alla produzione di elettricità attraverso fonti energetiche rinnovabili, soltanto per la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani;

-la consegente abolizione immediata dei finanziamenti cip6-certificati verdi alle fonti che non sono rinnovabili ed alle "fonti assimilate" in quanto inceneritori di rifiuti solidi urbani, industrali e rifiuti nonbiodegradabili e centrali a fonti fossili (carbone, raffinerie, scarti industriali ) non sono fonti nè rinnovabili oltre ad essere altamente inquinanti per l'ambiente e dannose per la salute umana




-Tassare l'incenerimento di rifiuti solidi urbani, industriali e le combustioni da fonti fossili.

-Al tempo stesso si chiede di finanziare esclusivamente fonti realmente rinnovabili come




energia solare

fotovoltaica

idroelettrico di piccole dimensioni

eolico

geotermica



-al fine di incentivare una corretta gestione dei rifiuti finanziare e concedere incentivi fiscali per

a) politiche di raccolta differenziata spinta con tariffa puntuale che puntino ad oltre il 70\% di raccolta differenziata(es. porta a porta su 5/6 frazioni con tariffa puntuale ),

b) politiche di riduzione alla fonte dei rifiuti,

c)politiche di incentivi fiscali per chi elimina il doppio-triplo imballaggio,

d)vendita di prodotti alla spina (latte fresco, bibite, detersivi etc).



Sincerely,

mercoledì 1 luglio 2009

A caccia di biomasse


Pubblicata in un blog perugino c’è una serie di esternazioni di un giovane dipendente di un’azienda che tratta centrali a biomasse. Come sempre accade in circostanze analoghe, il dipendente, della cui buona fede non dubito, è stato opportunamente addestrato in modo da non chiudere il cerchio del suo ragionamento. Malauguratamente, soprattutto quando ci sono forti interessi economici in ballo, chi ha interesse a farlo offre una rappresentazione parziale dei fatti, mettendone in luce alcuni aspetti e trascurandone altri. Ora, non è raro che questi aspetti tenuti da parte siano di estrema importanza. Se vogliamo dare un’occhiata all’energia che l’uomo usa, e in parte preponderante spreca, non c’è massa vegetale capace di fornirne una frazione ragionevole. Ma questo, lasciando da parte la resa energetica di fatto veramente irrisoria, non sarebbe poi tanto grave, se esistessero le possibilità pratiche per ottenere queste masse. Le cose, però, non stanno così. Se si dà un’occhiata alla situazione
dell’Emilia Romagna, dove c’è il progetto di erigere qualche centrale del genere, i calcoli del prof. Tamino (Università di Padova) indicano che per farle funzionare occorrerebbe mettere a coltura dedicata un territorio ben più che doppio rispetto a quello dell’intera regione e quelle colture, peraltro campate in aria se non altro per carenza di metri quadrati, riguarderebbero un tipo di canna infestante che i contadini locali hanno impiegato un secolo a debellare. Dunque, nel caso, si ricorrerà ad importazioni dall’estremo oriente con l’inquinamento che conseguirà sia da tutte le fasi del trasporto, sia dai concimi chimici sia dai pesticidi che ci arriveranno insieme con i vegetali da quei paesi. È poi ovvio che non si possono mettere a coltura dedicata territori enormi, perché di vegetali per altri scopi abbiamo comunque bisogno. Ciò che accadrà inevitabilmente, e la profezia è fin troppo facile, sarà che qualche legislatore, legalmente ma illegittimamente, tramuterà ogni sorta di rifiuti in biomasse con buona pace di tutti. Un déjà vu.E tuttavia non è questo l’aspetto fondamentale, almeno a parer mio, della questione. Che lo vogliamo o no, l’uomo è l’unico animale inquinante che viva su questo pianeta e, sempre che lo vogliamo o no, ha cominciato ad uscire dall’equilibrio naturale nel momento in cui ha imparato ad accendere il fuoco. A questo punto, so bene che qualcuno comincerà a strillare accusandomi di auspicare un ritorno alla più pura animalità, ma io parlo da un punto di vista esclusivamente scientifico e il resto m’interessa solo come folclore. Bene, occorre sapere che ogni combustione produce inquinanti. E tanti. Per chi vuole informazioni, il Politecnico di Zurigo organizza ogni anno un congresso di livello mondiale sull’argomento, ma basta una normale laurea in chimica o anche solo un diploma per saperlo. Così, non bisogna illudersi: i vegetali bruciati inquinano eccome. Quando si entra nell’argomento biomasse, a riprova degli aspetti su cui si preferisce glissare, si dice che, bruciando, una pianta produce tanta anidride carbonica quanta ne produrrebbe comunque con il suo solo esistere. D’accordo. Però il problema non sta lì. Intanto bisogna sapere che ogni volta che si brucia qualcosa di organico in presenza di cloro, un elemento pressoché ubiquo, si produce la più insidiosa delle diossine, quella con quattro atomi di cloro nella molecola. Ma oltre alla diossina, la temperatura e l’ossidazione di una miriade di sostanze solo parzialmente conosciute costruiscono tutta una serie lunghissima d’inquinanti. Tanto per fare un esempio che credo sia di facile comprensione, è noto come il tabacco (una solanacea come la patata) contenga quasi 4.000 sostanze di cui si ha contezza, e di queste qualche centinaio sicuramente tossiche. Non esiste nessun motivo scientifico che possa escludere presenze analoghe in ciò che si brucia promuovendolo come innocuo. Il tabacco stesso, comunque, con i propri scarti di lavorazione rientra nella classificazione di biomassa. Poi, restando nel mio campo, si producono quantità rilevanti di micro e nanoparticelle inorganiche che originano dal contenuto appunto inorganico della pianta stessa, un contenuto tutt’altro che irrilevante e fortissimamente dipendente dal terreno in cui la pianta è cresciuta. Va, poi, tenuto conto del fatto che anche i vegetali cosiddetti vergini subiscono l’inquinamento superficiale di ciò che sta più o meno sospeso nell’atmosfera “normale”, e questo passa di conseguenza nella combustione in maniera più o meno trasformata. Di quel particolato (non commento l’ovvia ingenuità dell’autore delle esternazioni che crede che questo particolato possa essere “abbattuto”) non si è tenuto conto nel ragionamento fatto e questo è ormai in contrasto stridente con la scienza medica moderna. Al proposito esiste un’amplissima letteratura e la Comunità Europea, tra le altre istituzioni, vi dedica parecchie risorse. Si tenga presente, in aggiunta, che la stessa Comunità Europea ha da tempo recepito il cosiddetto principio di precauzione e, se non vogliamo essere i soliti arroganti fuorilegge, dobbiamo dimostrare che ciò che esce da questi impianti non fa male. In mancanza di una dimostrazione, niente centrali. È la legge. L’energia, allora? Sì, è vero: oggi il fotovoltaico è arretrato. A questo punto, bisogna ancora una volta tener conto di un fatto fisico inoppugnabile. Quando si vuole attribuire energia ad un sistema, l’energia va presa da fuori, a pena di restare per forza di cose a secco. Il sole è, che lo si voglia o no, in pratica l’unica fonte d’energia esterna di cui disponiamo e di energia ce ne dà a iosa, più o meno due cavalli vapore per metro quadro di pianeta ogni secondo, cioè intorno ad un miliardo di volte più di quanta ne usiamo e ne sprechiamo noi. Dunque, invece di andare a caccia di farfalle e d’imbarcarci in imprese improbabili e deleterie se non altro dal punto di vista della salute, è meglio che ci rimbocchiamo le maniche, indirizziamo la ricerca in una direzione utile a tutti e non fatta per circoli sulla cui onestà non giocherei un centesimo, e cerchiamo di acchiappare quel miliardesimo del tesoro che ci serve.

Scritto da Stefano Montanari
mercoledì 20 giugno 2007

LinkWithin

Blog Widget by LinkWithin

Post più popolari