Questo articolo qui riportato è un po' vecchio ma fa riflettere su alcuni punti oscuri dei fondi europei e di quello che noi paghiamo di come vengono investiti e di chi ci guadagna a scapito di chi salute inclusa.
Buona lettura
10 Aprile 2006
Pedalare Prodi, pedalare...
L’Unione ha vinto, dopo qualche sobrio spumantino chiediamo al nostro dipendente Romano Prodi di mettersi subito al lavoro da domani mattina iniziando dagli inceneritori. Pedalare Prodi, pedalare...
“ Gentile Presidente del Consiglio Romano Prodi,
La produzione di energia attraverso l'incenerimento dei rifiuti, caso unico e contestato in Europa, oggi è fortemente sovvenzionata dallo Stato, perché beneficia impropriamente del cosiddetto contributo Cip 6, destinato alle fonti "energetiche rinnovabili" che paghiamo nella della bolletta elettrica: senza il Cip6 la produzione di energia da rifiuti non presenterebbe alcun vantaggio economico rispetto alle fonti rinnovabili.
La stessa Commissione Europea, che Lei ha presieduto, nel 2003 con il Commissario Commissario UE per i Trasporti e l’Energia, Loyola De Palacio, in risposta ad una interrogazione dell’ europarlamentare Monica Frassoni, in data 20.11.2003 (risposta E-2935/03IT) ha ribadito il fermo no dell’UEall’estensione del regime di sovvenzioni europee per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, previsto dalla Direttiva 2001/77, all’incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del suo Commissario all’energia nel 2003: “La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell’articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile”.
Uno studio dell'Università Bocconi del 2005 ha dimostrato che il costo di 1 MWh prodotto da un medio impianto idroelettrico è pari a 66 euro che scende a 63 se viene prodotto all'eolico, sale a 121 se prodotto da biomasse e arriva a 280 se si tratta di fotovoltaico. L'incenerimento di rifiuti solidi urbani con “recupero energetico”, senza considerare il costo di gestione e trattamento dei rifiuti ed i danni alla salute umana causati dalle nanoparticelle, prima che arrivino all'inceneritore, è di 228 euro MWh.
Questo significa che se il Cip6, che noi paghiamo nelle nostre bollette Enel, andasse alle fonti veramente rinnovabili in Italia ci sarebbe convenienza ad andare sul solare, non sugli inceneritori!
Se il contributo statale venisse destinato alle fonti veramente rinnovabili e non ai rifiuti, la produzione elettrica dal cosiddetto Cdr (Combustibile da rifiuti) e tramiteInceneritori chiamati impropriamente e solo in Italia "Termovalorizzatori"non avrebbe nessun vantaggio economico. Né per il cittadino né per le aziende che scelgono di produrre energia attraverso questo sistema o di smaltire rifiuti tramite l'incenerimento.
Inoltre gli inceneritori, specialmente quelli di nuova generazione, come hanno dimostrato gli studi del dottor Stefano Montanari e della dottoressa Antonietta Gatti, producono pericolosissime nanoparticelle inorganiche (Pm 2,5 fino a Pm 0,01) che penetrano nel sangue e da lì si depositano negli organi del corpo umano e sono causa di gravi malattie, tra queste il cancro. Sono le cosiddettenanopatologie.
Queste nanopolveri si creano tramite le altissime temperature che si generano. Una storia già vista anche presso la centrale Enel ad olio combustibile di Porto Tolle (dove Tatò,Scaroni ed Enel sono stati condannati a risarcire tre milioni di euro), tra i reduci della Guerra del Kossovo e in Irak (la cosidetta "Sindrome del Golfo" causata dai proiettili ad uranio impoverito o al tungsteno), nel crollo delle Torri Gemelle a New York e nelle zone industriali. Anche alcuni Filtri Antiparticolato sono fortemente sospettati di produrre le pericolose nanoparticelle.
Come primo atto del suo governo le chiediamo quindi di:
- rispettare i dettati europei ed abolire immediatamente i finanziamenti all'incenerimento dei rifiuti in quanto non sono fonte d'energia rinnovabile. Come succede in altri paesi d'Europa l'incenerimento dei rifiuti va tassato e, diciamo noi, vietato
- abolire la "Legge Delega" sull'Ambiente del Governo Berlusconi che prevede tra l'altro un inceneritore in ogni provincia oltre all'eliminazione di tantissimi vincoli a tutela dell'ambiente e quindi della salute
- puntare decisamente, per gestire l'intero ciclo di gestione dei rifiuti, a: riduzione alla fonte, tassare chi produce più imballaggi ed incentivare chi punta su riutilizzo e riduzione rifiuti, raccolta differenziata obbligatoria in tutta Italia come è in Germania e per il trattamento del residuo utilizzare i moderni sistemi di Trattamento Biologico "a freddo", cioè senza incenerimento già sperimentati in altre realtà europee e a Sidney in Australia, che oltre a non produrre nanopolveri costano circa il 75% in meno degli impianti di incenerimento
- riconoscere per legge la pericolosità delle nanoparticelle (inferiori a Pm 2,5 fino a Pm 0,01) come già diversi studiosi da tutta Europa stanno chiedendo alla Commissione ed al Parlamento Europeo.
Vogliamo cambiare. Lei ha, per ora, la nostra fiducia”.
Come potrete leggere nell' articolo qui lincato il problema delle centrali a biomasse non è solo dei portogruaresi ma si ripropone anche nel resto d'Italia.
Per fortuna non tutti stanno a guardare chi da altri paesi viene nel proprio a dettare il bello e cattivo tempo ma si coalizzano e organizzano per proteggere la loro comunità e la loro salute contrastando gli interessi economici e politici di pochi a scapito dei molti, quei pochi che non hanno a cuore altro che il proprio tornaconto.
Qui addirittura si sono uniti il Comitato Tutela Valdichiana, COMITATO DI S.ZENO, COMITATO AMBIENTE E SALUTE (CIVITELLA IN VALDICHIANA), Italia Nostra, WWF e Forum Ambientalista.
Per servire ai nostri lettori una informazione più "leggera" ecco alcuni video che raccontano le giustificazioni e le chiacchere di chi "davvero conta" , decidendo e ipotecando il nostro futuro e la nostra salute, ma ovviamente resta a voi lettori l'ultima parola.
(per chi non lo sapesse Mauro Fanin è il proprietario della Cereal Dokcs che da Vicenza sposta i suoi interessi a Summaga di Portogruaro a scapito dei cittadini... )
Da "casa nostra"...
Per qualsiasi suggerimento critiche o altro materiale non esitate a contattarci info@caveneto.org
I cinque miti della transizione verso gli agrocarburanti DI ERIC HOLTZ-GIMÉNEZ
Direttore generale di Food First - Institute for Food and Development Policy, Oakland (Stati uniti). Biocarburanti... Il termine evoca l'immagine accattivante di un'energia rinnovabile pulita e inesauribile, parla di fiducia nella tecnologia e di un progresso vigoroso e compatibile con la protezione permanente dell'ambiente. Consente all'industria, a uomini e donne del mondo politico, alla Banca mondiale, alle Nazioni unite e anche al Gruppo intergovernativo di esperti sull'evoluzione del clima (Giec) di presentare i carburanti prodotti da mais, canna da zucchero, soia e altre colture come la prossima tappa di una transizione morbida ancora da definire, dal picco della produzione petrolifera ad un'economia energetica basata su risorse rinnovabili.
I programmi sono già molto ambiziosi. In Europa, è previsto che combustibili provenienti dalla biomassa coprano il 5,75% della domanda di carburanti stradali nel 2010 e il 20% nel 2020. Gli Stati uniti puntano a trentacinque miliardi di galloni l'anno. Sono obiettivi che superano di parecchio le capacità produttive dell'agricoltura dei paesi industrializzati dell'emisfero Nord. L'Europa dovrebbe utilizzare il 70% delle sue terre coltivabili per vincere la scommessa; tutti i raccolti di mais e soia degli Stati uniti dovrebbero essere trasformati in etanolo e biodiesel. Una tale trasformazione stravolgerebbe il sistema alimentare delle nazioni del Nord. Così i paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) guardano all'emisfero Sud per far fronte ai propri bisogni.
Indonesia e Malaysia aumentano rapidamente le piantagioni di palme da olio per riuscire a coprire il 20% del mercato europeo del biodiesel. In Brasile - dove la superficie di terre coltivabili dedicate alle colture per carburanti occupa già una porzione di territorio pari alle dimensione di Regno unito, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo riuniti - il governo prevede di moltiplicare per cinque la superficie riservata alla canna da zucchero. Il suo obiettivo è sostituire il 10% del consumo mondiale di benzina entro il 2025.
La rapidità con la quale si effettuano mobilitazione di capitali e concentrazione di potere all'interno dell'industria degli agrocarburanti è stupefacente. Negli ultimi tre anni, gli investimenti sotto forma di capitale di rischio (venture capital) si sono moltiplicati per otto. I finanziamenti privati inondano le istituzioni di ricerca pubbliche, come dimostra il mezzo miliardo di dollari di sovvenzioni concesso da Bp (ex British petroleum) all'università della California.
I grandi gruppi petroliferi, cerealicoli, automobilistici e di ingegneria genetica stringono importanti accordi di partenariato: Archer Daniels Midland company (Adm) e Monsanto, Chevron e Volkswagen, Bp, DuPont e Toyota. Queste multinazionali cercano di concentrare le loro attività di ricerca, produzione, trasformazione e distribuzione relative ai nostri sistemi alimentari e di approvvigionamento di carburanti. Ragione in più per chiarire bene, prima di salire su un treno già in corsa, i miti che accompagnano la transizione verso gli agrocarburanti.
1. GLI AGROCARBURANTI SONO PULITI E PROTEGGONO L'AMBIENTE Poiché la fotosintesi utilizzata per queste colture sottrae gas a effetto serra dall'atmosfera e dato che gli agrocarburanti possono ridurre il consumo di energia fossile, si pretende che proteggano l'ambiente. Ma quando si analizza il loro impatto «dalla culla alla tomba» - dal dissodamento della terra fino al loro utilizzo nei trasporti stradali - , le limitate riduzioni di emissioni di gas a effetto serra sono annullate da quelle molto più gravi provocate da deforestazione, incendi, drenaggio delle zone umide, metodi di coltura e perdite di carbonio del suolo. Ogni tonnellata di olio di palma emette altrettanta anidride carbonica, se non di più, del petrolio. L'etanolo prodotto da canna da zucchero coltivata su foreste tropicali dissodate emette una volta e mezzo gas a effetto serra rispetto alla produzione e all'utilizzazione di una quantità equivalente di benzina. Quando commenta l'equilibrio planetario del carbonio, Doug Parr, massimo responsabile scientifico di Greenpeace, dichiara categoricamente: «Se si producesse anche solo il 5% di biocarburanti abbattendo foreste primarie ancora esistenti, si perderebbe la totalità del progresso sul carbonio». Le colture industriali destinate a carburanti necessitano di spargimenti massicci di concimi prodotti dal petrolio il cui consumo mondiale - attualmente 45 milioni di tonnellate l'anno - ha già raddoppiato il livello di azoto biologicamente disponibile sul pianeta, contribuendo così fortemente alle emissioni di ossido nitroso, un gas a effetto serra il cui potenziale di riscaldamento globale è trecento volte più alto di quello del CO2 [biossido di carbonio]. Nelle regioni tropicali - da dove presto proverrà la maggior parte degli agrocarburanti - i concimi chimici hanno da dieci a cento volte più effetto sul riscaldamento planetario che nelle regioni temperate.
Ottenere un litro di etanolo richiede da tre a cinque litri di acqua d'irrigazione e produce fino a tredici litri di acque reflue. Per trattare queste acque di scolo occorre l'equivalente energetico di centotredici litri di gas naturale, il che aumenta la probabilità che vengano semplicemente rilasciate nell'ambiente inquinando corsi d'acqua, fiumi e falde freatiche. L'intensificarsi delle colture energetiche per carburanti provoca anche un aumento del ritmo di erosione dei suoli, in particolare nel caso della produzione di soia - 6,5 tonnellate per ettaro l'anno negli Stati uniti; fino a 12 tonnellate in Brasile e in Argentina.
2. GLI AGROCARBURANTI NON PROVOCANO DEFORESTAZIONE I sostenitori degli agrocarburanti affermano che le colture effettuate su terre ecologicamente degradate migliorano l'ambiente. Forse il governo brasiliano aveva questo in mente quando ha riqualificato circa 200 milioni di ettari di foresta tropicale secca, praterie e paludi, in «terre degradate» e adatte alla coltura. In realtà, si trattava di ecosistemi di grande biodiversità nelle regioni del Mata Atlántica, del Cerrado e del Pantanal, occupate da popolazioni indigene, contadini poveri e grandi aziende per allevamento estensivo di bovini.
L'introduzione di colture destinate agli agrocarburanti avrà molto semplicemente come risultato quello di ricacciare queste comunità verso la «frontiera agricola» dell'Amazzonia, là dove le tecniche devastatrici di deforestazione sono fin troppo note. La soia fornisce già il 40% degli agrocarburanti del Brasile. Secondo la Nazional aeronautics and space administration (Nasa), più i prezzi della soia aumentano, più si accelera la distruzione della foresta umida dell'Amazzonia - 325.000 ettari l'anno, al ritmo attuale.
In Indonesia, le piantagioni di palma da olio destinate alla produzione di biodiesel - detto «diesel della deforestazione» - sono la causa principale dell'arretramento della foresta. Verso il 2020, queste superfici saranno triplicate e raggiungeranno i 16,5 milioni di ettari - le dimensioni di Inghilterra e Galles insieme - , con il risultato di una perdita pari al 98% del manto forestale. La vicina Malaysia, primo produttore mondiale di olio di palma, ha già perso l'87% delle sue foreste tropicali e continua a distruggere quelle che restano a un ritmo del 7% l'anno.
3. GLI AGROCARBURANTI AIUTERANNO LO SVILUPPO AGRICOLO Ai tropici, 100 ettari destinati all'agricoltura familiare creano trentacinque posti di lavoro; la palma da olio e la canna da zucchero dieci, gli eucalipti due, la soia appena mezzo. Fino a non molto tempo fa, gli agrocarburanti erano destinati soprattutto ai mercati locali e sub-regionali. Anche negli Stati uniti, la maggior parte delle aziende che producono etanolo, di taglia relativamente modesta, erano proprietà degli agricoltori. Con l'attuale boom, entra in gioco la grande industria, creando economie di scala gigantesche e centralizzando lo sfruttamento.
I gruppi petroliferi, cerealicoli e i produttori di colture transgeniche rafforzano la loro presenza lungo tutta la catena di valore aggiunto dei agrocarburanti. Cargill e Adm controllano il 65% del mercato mondiale dei cereali; Monsanto e Sygenta dominano il mercato dei prodotti geneticamente modificati. Per le semenze, gli input, i servizi, le trasformazioni e la vendita dei loro prodotti, gli agricoltori che coltivano per gli agrocarburanti saranno sempre più dipendenti da un'alleanza di società fortemente organizzate. È poco probabile che ne traggano dei guadagni. Più probabilmente, i piccoli coltivatori saranno espulsi dal mercato e dalle loro terre. Centinaia di migliaia sono già stati gli spostati nella «repubblica della soia», una regione di più di 50 milioni di ettari nel sud del Brasile, il nord dell'Argentina, il Paraguay e l'est della Bolivia.
4. GLI AGROCARBURANTI NON CAUSERANNO FAME Secondo la Food and agricultural organization (Fao), la quantità di cibo nel mondo potrebbe fornire a tutti una razione giornaliera di 2.200 calorie sotto forma di frutta fresca e secca, legumi, prodotti del latte e carne. Eppure, la povertà fa sì che 824 milioni di persone continuino a soffrire la fame. Ora, la trasformazione che si annuncia crea concorrenza tra la produzione alimentare e quella di carburanti nell'accesso alla terre, all'acqua e alle risorse. Un esempio concreto lo si ha oggi in Messico. Avendo smantellato le barriere doganali nel quadro dell'Accordo di libero scambio nord-americano (Nafta), il Messico importa ormai il 30% del mais dagli Stati uniti. L'aumento crescente della domanda di etanolo nel paese ha provocato un'enorme pressione sul prezzo di questo cereale, che ha toccato, nel febbraio 2007, il livello più alto degli ultimi dieci anni, provocando un drammatico aumento del prezzo della tortilla - piatto base dalla popolazione messicana. Di fronte alle manifestazioni di protesta di una popolazione povera colpita dalla fame, il governo di Felipe Calderón, al termine di un incontro con le multinazionali dell'industria e della distribuzione, ha dovuto limitare al 40% l'aumento del prezzo della tortilla fino al prossimo agosto.
Approfittando della situazione, il Centro di studi economici del settore privato (Ceesp) ha pubblicato una serie di «studi» in cui si afferma che l'uscita dalla crisi, per il Messico, passa per la produzione di mais per agro-combustibili e che questo «deve essere transgenico». Su scala mondiale, i più poveri spendono già dal 50 all'80% del reddito familiare per l'alimentazione. Patiscono quando gli alti prezzi delle colture per carburanti fanno aumentare il prezzo degli alimenti.
L'Internazional Food Policy Research Institute (Ifpri, Istituto internazionale di ricerca sulle politiche dell'alimentazione) di Washington ha previsto che il prezzo degli alimenti di base aumenterà dal 20% al 33% nel 2010 e dal 26% al 135% nel 2020. Ora, ogni volta che il costo degli alimenti aumenta dell'1%, 16 milioni di persone precipitano nell'insicurezza alimentare. Se continua la tendenza attuale, nel 2025, 1,2 miliardi di abitanti potrebbero soffrire cronicamente la fame. In questo caso, l'aiuto alimentare internazionale non sarebbe probabilmente di grande aiuto, visto che il nostro surplus agricolo sarà andato... nelle nostre riserve di benzina.
5. GLI AGROCARBURANTI DI «SECONDA GENERAZIONE» SONO A PORTATA DI MANO Per rassicurare gli scettici, i sostenitori degli agrocarburanti amano affermare che questi ultimi, attualmente prodotti a partire da colture alimentari, saranno presto rimpiazzati da prodotti più compatibili con l'ambiente, come alberi a crescita rapida e il Panicum virgatum (graminacea che raggiunge 1,80 metri di altezza). Cercano così di rendere più accettabili gli agrocarburanti di prima generazione. Sapere quali colture saranno trasformate in carburante non è significativo.
Le piante selvatiche non avranno un minor «impatto ambientale» perché la commercializzazione ne trasformerà l'ecologia. Coltivate in modo intensivo, migreranno rapidamente dalle siepi e dai terreni boscosi verso le terre coltivabili - con le conseguenze ambientali collegate.
L'industria punta a produrre piante cellulosiche, geneticamente modificate - in particolari alberi a crescita rapida - , che si decomporrebbero facilmente per liberare zuccheri. Vista l'attitudine alla disseminazione già dimostrata dalle colture geneticamente modificate, ci si possono aspettare contaminazioni massicce.
Qualsiasi tecnologia il cui potenziale permetta di evitare gli impatti più negativi sul cambiamento climatico deve essere commercializzata su grande scala nei prossimi cinque-otto anni. Prospettiva molto poco probabile nel caso dell'etanolo estratto dalla cellulosa, prodotto che, finora, non ha mostrato alcuna riduzione di emissione di carbonio. L'industria degli agrocarburanti sta scommettendo sui miracoli.
L'Agenzia internazionale dell'energia ritiene che, nei prossimi ventitré anni, a livello mondiale si potranno fabbricare fino a 147 milioni di tonnellate di agrocarburanti. Un simile volume produrrà molto carbonio, ossido nitroso, erosione, e più di 2 miliardi di tonnellate di acque reflue. Ma, per quanto stupefacente possa apparire, tale produzione arriverà soltanto a compensare la crescita annuale della domanda mondiale di petrolio, che attualmente si può valutare in 136 milioni di tonnellate l'anno. Il gioco vale la candela?
Per le grandi società cerealicole, sicuramente sì. Che si chiamino Adm, Cargill o Bunge, sono i pilastri dell'agro-alimentare. Circondate da una moltitudine altrettanto potente di trasformatori di materie prime e di distributori, a loro volta associati a catene di supermercati da una parte e a società agro-chimiche, di semenze e di macchine agricole, dall'altra. Su 5 dollari spesi in alimenti, 4 corrispondono all'attività dell'insieme di queste società. Ma, da un po' di tempo, il settore produttivo soffre di un'«involuzione»: poiché quantità crescenti di investimenti (input chimici, ingegneria genetica e nuovi macchinari) non hanno aumentato il tasso di produttività dell'agricoltura, il complesso agro-alimentare è costretto a spendere di più per raccogliere meno. Gli agrocarburanti sono la risposta perfetta a questa involuzione.
Sovvenzionati e in fase di crescita, mentre il petrolio indietreggia, facilitano la concentrazione delle industrie dell'alimentazione e dell'energia nelle mani degli attori più potenti. Sfortunatamente, la transizione verso gli agrocarburanti soffre di una tara congenita. Essi infatti entrano in competizione con l'alimentazione per quanto riguarda terra, acqua e risorse. Sviluppati all'estremo, saranno utilizzati per produrre... agrocarburanti. Una proposta patetica dal punto di vista termodinamico. Ci obbligano a vivere al di sopra dei nostri mezzi. «Rinnovabile» non significa infatti «senza limiti». Anche se le colture possono essere ripiantate, la terra, le acque e gli alimenti restano limitati.
Di fatto, l'attrattiva di questi biocombustibili risiede nel fatto che potrebbero prolungare l'economia fondata sul petrolio. Con una stima di circa 1.000 miliardi di barili residui di riserve mondiali di petrolio convenzionale, un barile di petrolio tra non molto potrà costare 100 dollari. E più il prezzo del petrolio sarà alto, più il costo di produzione dell'etanolo potrà crescere pur rimanendo competitivo. Ed è proprio questa la contraddizione per gli agrocarburanti di seconda generazione: man mano che il costo degli idrocarburi aumenta, gli agrocarburanti di prima generazione diventano più redditizi, scoraggiando così l'idea di investire nello sviluppo di quelli di seconda generazione. Se il petrolio raggiunge gli 80 dollari al barile, i produttori di etanolo possono permettersi di pagare oltre 5 dollari il moggio (circa 127 kg) di mais, rendendolo così competitivo anche rispetto alla canna da zucchero. La crisi energetica mondiale è potenzialmente una miniera che va dagli 80.000 ai 100.000 miliardi di dollari per i gruppi alimentari e petroliferi. Non stupisce che non si sia spinti a modificare le nostre abitudini di «sovra-consumo».
La transizione verso gli agrocarburanti non ha niente di inevitabile. Molte soluzioni locali di sostituzione provate con successo sul terreno, efficaci a livello energetico pur restando centrate sui bisogni degli abitanti, sono già operative per produrre alimenti e energia senza minacciare l'ambiente, o i mezzi di sussistenza. Negli Stati uniti, decine di piccole cooperative locali producono biodiesel - spesso a partire da olio vegetale riciclato. La maggioranza delle cooperative di etanolo del Middle West sono - per il momento - nelle mani degli agricoltori locali. Così come i tre quarti circa delle raffinerie di etanolo del Minnesota, a cui sono state concesse notevoli sovvenzioni.
Sarebbe inaccettabile che i paesi del Nord spostassero il fardello del loro sovraconsumo verso il Sud del pianeta, semplicemente perché i paesi intertropicali hanno più sole, pioggia e terre coltivabili.
Articolo pubblicato su Le Monde Diplomatique – giugno 2007
Spesso non è necessario intraprendere tortuose ricerche o dover scavare più di tanto, la verità e i fatti sono li che ci fissano e aspettano solo d'essere guardati e così senza alcuna vergogna o remora ecco pubblicato nel sito ufficiale della Cereal Docks alcuni rami di sviluppo della s.p.a.
Sorge spontaneo chiedersi, ma farà davvero gli interessi degli agricoltori veneti come da lei promesso, oppure seguirà le proprie direttive?
Società di trading che ha l’obiettivo di fornire materie prime per i fabbisogni interni aziendali ai migliori prezzi mondiali e di supportare lo sviluppo internazionale dell’azienda.
Cereal Docks Romania
Società a cui è affidato il compito di sviluppare le colture energetiche (4.500 ettari coltivati a colza, soia, girasole) necessarie a fornire la materia prima per i bio-carburanti. Nell'ambito delle politiche agricole comunitarie stringe accordi di filiera con gli agricoltori rumeniper la destinazione di aree agricole a colture energetiche.
E poi...
Azienda agricola rumena con una superficie di oltre 1.000 ettari destinati alla coltivazione sperimentale di soia e colza.
Se tutto questo vi ha fatto salire solo un pò di acidità eccovi un altro estratto dal sito ufficiale dove si descrivono i porti di origine e destinazione dei prodotti:
Porti di origine
SUD AMERICA
Argentina:San Lorenzo, San Martin, Rosario, Buenos Aires,
Se volete portare il vostro contributo alla nostra causa " No Centrale" scriveteci a info@caveneto.org qualsiasi suggerimento o critica costruttiva sono ben accetti.
La giornata di domenica all’Auditorium della BCC di Campodarsego ha stimolato molte riflessioni che almeno in parte sento la necessità di condividere con tutti voi. Innanzitutto la qualità dei relatori merita un plauso per la precisione e disarmante semplicità delle informazioni portate che sono il frutto di anni di costante impegno per fare prendere coscienza alla gente della posta in gioco. Devo poi ringraziare per la sensibilità, l’interesse e la responsabilità civile dimostrata dalle centinaia di partecipanti da ogni parte del Veneto:è la testimonianza di una speranza per un futuro migliore che non muore …mai! Possiamo dire, senza tema di smentita, che ci troviamo sulla “linea del Piave”:retrocedere o fare finta di niente ancora non è più possibile senza essere considerati, giustamente, corresponsabili con i progetti criminali che qualcuno vuole fare subire agli italiani soprattutto ai bambini. La Dr. Patrizia Gentilini , oncologa, fondatrice dell’ISDE, lo ha detto a chiare lettere: i dati e studi scientifici sono già ampiamente stati fatti e dimostrano inequivocabilmente che NON SI PUO’ INCENERIRE SENZA UCCIDERE nel tempo molte vite umane soprattutto tra i bambini. Qualsiasi tipo di combustione, di qualsivoglia tipo di sostanza genera enormi quantità di fumi composti di particelle chimiche, le più diverse, in grado una volta respirate di localizzarsi nei diversi organi del corpo e fare sviluppare, nel tempo, neoplasie tissutali o del sangue come vari tipi di leucemie. Lo spazio per i dubbi non c’è più, c’è solo la possibilità di opporsi oppure fare finta di niente come gli struzzi in situazioni di pericolo! Il latte vaccino a Brescia è pesantemente contaminato da diossine.Questo dato di fatto anziché fare promuovere uno studio esteso sul territorio circostante, al fine di stabilire la causa prima di una situazione così grave, ha portato all’incriminazione degli allevatori le cui vacche hanno prodotto latte alla diossina! Siamo ben oltre la già colpevole idiozia!Nessuna parola, né indagine sulla “bomba ecologica” più grande d’Italia, cioè il mega inceneritore (sempre chiamato termovalorizzatore, per la qual cosa tutti noi paghiamo multe salate alla EU che ci ha condannato per l’utilizzo di appellativo ingannevole!!!). E’ chiaro come il sole che la contaminazione della catena alimentare nelle campagne del bresciano va collegata principalmente alle pesantissime emissioni di fumi dell’incenerimento di oltre 200mila tonnellate l’anno di rifiuti ma per gli amministratori, ASL e ARPA il problema non è nemmeno preso in considerazione perché… ci sono i filtri! Eppure è stato dimostrato scientificamente che un camino d’inceneritore emette sempre fumo cioè ceneri volatili che ricadono al suolo contaminando giorno dopo giorno, anno dopo anno, l’aria, l’acqua e i terreni circostanti in modo direttamente proporzionale alla massa di materia bruciata.Mettendo i filtri si riesce solo a “nascondere” il fumo, ma non si limitano in alcun modo le particelle che escono dal camino: queste infatti sono molto più piccole e totalmente invisibili e proprio per questo potenzialmente molto più pericolose.I nostri Amministratori, accecati dal denaro non vogliono ricordare la legge fisica basilare secondo la quale “ nulla si crea , nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, peccato che la trasformazione data dall’incenerimento sia un incubo per la salute della gente! Infatti il Dr. Stefano Montanari e la moglie Dr.ssa Gatti con le loro ricerche scientifiche al microscopio elettronico, hanno dimostrato che gli inceneritori come tutta l’attività industriale altamente tecnologica produce in modo continuo NANOPARTICELLE, centinaia di volte più piccole del famoso PM10, unica particella considerata dalla legge, la cui concentrazione elevata porta agli inutili provvedimenti di chiusura del traffico veicolare.Ma proprio le dimensioni così ridotte delle nanoparticelle consentono loro di entrare direttamente nel sangue, senza alcuna possibilità di “filtraggio” da parte delle mucose e degli endoteli respiratori, entrando direttamente nella cellula, attraverso la membrana cellulare, senza danneggiarla, posizionandosi a ridosso del DNA del nucleo. Ovvio che, prima o poi, il DNA subisce un danno e subisce una trasformazione anche in senso neoplastico: certo, non subito, magari dopo 10 o 20 anni! Ecco allora che altri studi epidemiologici effettuati proprio qui in Veneto dall’Istituto Oncologico Veneto (IOV), ma non solo, dimostrano la stretta correlazione tra l’aumento della comparsa di tumori (in particolare i sarcomi, che sono tumori”sentinella” dell’inquinamento dell’aria) nella popolazione con la prolungata esposizione alle emissioni d’inceneritori. Ma tutto tace… la televisione e i giornali non ne parlano per cui …non è vero!!! Non possiamo fare finta che tutto questo non esista: è duro da accettare ma, se siamo uomini e non “caporali” abbiamo il DOVERE ETICO di proteggere noi e i nostri figli da una minaccia che è già realtà, ma che possiamo evitare diventi ancora più grave. La nuova “politica energetica” di questo paese è ostaggio da sempre dei petrolieri ma con la legge dei CIP6 si è oltrepassata ogni misura di decenza. La legge europea sulle energie rinnovabili era accettabile: prevedeva che ogni cittadino pagasse una percentuale della bolletta energetica (in Italia il 7%) per finanziare la costruzione di impianti di energia rinnovabile anche familiari. Ora la lobby dei petrolieri, solo in Italia, è riuscita a fare aggiungere, al testo, la famosa parolina “…e assimilabili”, riuscendo così a fare rientrare nelle fonti di energia rinnovabili anche i rifiuti urbani che, inceneriti, fanno produrre energia elettrica. Il famoso CDR ovvero combustibile derivato da rifiuti!In questo modo i 5 miliardi di euro l’anno che gli Italiani pagano per autofinanziarsi una conversione energetica ecocompatibile vanno per il 70% a finanziare gli inceneritori : mentre per gli impianti fotovoltaici, eolici etc. resta un misero 30% . Non solo ma questi squali si fanno pagare l’elettricità prodotta con l’incenerimento dei rifiuti tre volte il suo valore perché sarebbe elettricità prodotta con “energia rinnovabile”! Il Dr. Montanari ha mostrato una foto del cadavere di un neonato di pochi giorni morto per una leucemia iperacuta, fulminante. La madre sana con gravidanza senza problemi: nel corpo del neonato sono stati rinvenuti presenza di metalli pesanti di vario tipo in elevata concentrazione. Come è stato possibile tutto ciò? Evidentemente, durante la gravidanza, il sangue della madre conteneva questi veleni e li ha passati a suo figlio. A lei, apparentemente nulla di patologico è accaduto ma su un essere di pochi chili è stato molto probabilmente fatale. Quante di queste morti dovremo ancora sopportare per comprendere che non possiamo accettare in silenzio la costruzione di centinaia di nuovi inceneritori (chiamati ovviamente cogeneratori a biomasse o termovalorizzatori etc.) in tutta Italia? L’obiettivo RIFIUTI ZERO è una realtà in molte grandi metropoli nel mondo: si può attuare, qui ed ora, con spesa minima evitando totalmente l’incenerimento ed eliminando la tassa sui rifiuti ai cittadini che virtuosamente aderiscono alla raccolta differenziata spinta: lo ha dimostrato dati alla mano l’imprenditrice veneta Carla Poli puntando molto sull’educazione ambientale delle nuove generazioni. In Veneto è stata lanciata ieri l’iniziativa Rete Ambiente Veneto (R.A.V.) per collegare tutte le realtà dei Comitati sparsi ovunque nel territorio che si oppongono allo scempio del territorio e della loro salute. Nella grande maggioranza dei casi gli Amministratori locali sono collusi perché comprendono solo il linguaggio del denaro: resta solo la possibilità di una grande mobilitazione della gente che dal basso costringa i politici a ricordare che amministrano nel nome e per conto delle persone che li votano e non delle ditte costruttrici d’inceneritori!A noi l’iniziativa Politica, con la “P” maiuscola perché l’alternativa non c’è se non il deserto delle coscienze di gente che si è venduta l’anima !!! Dr. Paolo Girotto, Presidente Radio Gamma 5
Fonte: Disinformazione Inceneritori e nanoparticelle di Paolo Girotto - 27/01/2009
La prima parte del seguente articolo è tratto dal sito ufficiale dell' ARPAV , mentre la seconda parte dalla relazione tecnica dalla Regione Veneto giunta regionale 8°legislatura COMMISSIONE TECNICA REGIONALE SEZIONE AMBIENTE SEDUTA DEL 02/08/2007,
con oggetto:
CEREAL DOCKS SPA
Autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di un impianto di cogenerazione da 7,6 MWe
alimentato a biomassa (olio vegetale) in Portogruaro (VE)
D.Lgs 387/2003; D.Lgs 152/2006; L.R. 11/2001
Sono sicuro che troverete questa lettura interessante e riflessiva...
L'autorizzazione è passata con: voti favorevoli 11 tra cui il rappresentante dell’A.R.P.A.V.
votanti assenti: i rappresentanti della Provincia e del Genio Civile di Venezia, dell’AULSS n° 10 e delComune di Portogruaro
Considerato ciò leggiamo dal sito Ufficiale dell' ARPAV:
L’aria è costituita dal 78,09% di azoto, 20,94% di ossigeno, 0,93% di argon, 0,03% di anidride carbonica ed altri elementi in percentuali molto più contenute. Questa composizione chimica dell’aria è quella determinata su campioni prelevati in zone considerate sufficientemente lontane da qualunque fonte di inquinamento.
Sebbene le concentrazioni dei gas che compongono mediamente l’atmosfera siano pressochè costanti, in realtà si tratta di un sistema dinamico in continua evoluzione. I gas sono prodotti dalle attività biologiche (rilasci di vari composti organici dalle foglie delle piante), dalle esalazioni vulcaniche ma anche dalle attività antropiche e dai processi chimici che vi si innescano. Ad esempio si è riscontrato un leggero ma costante aumento dell’anidride carbonica dovuto all’utilizzo di combustibili fossili.
Cos’è l’inquinamento atmosferico?
L’inquinamento atmosferico è il fenomeno di alterazione della normale composizione chimica dell’aria, dovuta alla presenza di sostanze in quantità e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni di salubrità dell’aria. Queste modificazioni pertanto possono costituire pericolo per la salute dell’uomo, compromettere le attività ricreative e gli altri usi dell’ambiente, alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi, nonchè i beni materiali pubblici e privati.
Le sostanze alteranti sono i cosiddetti agenti inquinanti, che possono avere natura particellare, come le polveri (PM o Particulate Matter), o gassosa, come il biossido di zolfo SO2, il monossido di carbonio CO, gli ossidi di azoto NOX ed i composti organici volatili COV.
Tra le attività antropiche con rilascio di inquinanti in atmosfera si annoverano: le combustioni in genere (dai motori a scoppio degli autoveicoli alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche (es. le laminazioni), i processi di evaporazione (es. le verniciature) ed i processi chimici.
L’attività di ARPAV
L’attività di studio e controllo effettuata da ARPAV sulla matrice aria si riassume nel monitoraggio di:
Qualità dell’aria: verifica della qualità dell’aria e del rispetto dei valori limite di legge.L’attività viene realizzata analizzando l’aria ambiente esterna e determinando la concentrazione degli inquinanti principali mediante le stazioni fisse della rete di monitoraggio e i laboratori mobili. Successivamente i risultati delle analisi vengono elaborati e studiati e, mediante l’utilizzo di modelli matematici di diffusione degli inquinanti, attribuiti a un’area di territorio definita.
Emissioni: sono analizzati gli inquinanti aerodispersi alla loro origine, ad esempio quelli provenienti dalle ciminiere e dai camini industriali. I risultati delle analisi vanno ad alimentare l’inventario delle emissioni. Nel caso in cui le analisi non siano ancora state eseguite o dove ciò non è possibile, ad esempio nel caso del traffico autoveicolare, si utilizzano dei fattori di stima delle emissioni (fattori di emissione), elaborati internazionalmente.
Mentre la Giunta Regionale del Veneto "tutela" i suoi cittadini così:
COMMISSIONE TECNICA REGIONALE SEZIONE AMBIENTE SEDUTA DEL 02/08/2007 PARERE N. 3458
23. Schema funzionale circuito di raffreddamento HT 2502-00_T02_R00_PP
24. Schema funzionale circuito di raffreddamento LT 2502-00_T03_R00_PP
25. Schema elettrico unificare di Media Tensione cabina consegna energia 2502-00_E01_R00_PP
26. Schema elettrico unificare di Media Tensione centrale di cogenerazione 2502-00_E02_R00_PP
27. Planimetria generale percorso linea MT e rete di terra 2502-00_E03_R00_PP
28. Relazione di inquadramento urbanistico 2502-00_A-RT-05_R00_PP
29. Studio dell’impatto acustico 2502-00_A-RT-06_R01_PP *
30. Analisi della qualità dell’aria e studio di ricaduta delle emissioni in atmosfera 2502-00_A-RT-
07_R00_PP
31. Dichiarazione di validità dello studio di ricadute delle emissioni gassose 2502-00_A-RT-
07_A_R01_PP *
32. Perizia sulla qualità e quantità delle emissioni in atmosfera **
*) documentazione sostitutiva/integrativa trasmessa con nota prot. 401648/5719 del 16/07/07
**) sostituita da perizia identica nei contenuti ma giurata davanti a giudice di pace di Mestre il 25/07/07
A questo punto non credo serva scrivere alcun altro commento, i lettori si sono già fatti la propria idea, GRAZIE ARPAV, GRAZIE COMMISSIONE TECNICA REGIONALE SEZIONE AMBIENTE spero che il "ritorno economico" chissà per chi... di questa infausta azione giustifichi la messa a rischio della salute dei cittadini e la conseguente ricaduta economica sulla sanità pubblica, cioè di tutti!!
Possiamo dormire tranquilli, tanto è "tutto in regola".